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Ancora 8 marzo

Ci siamo. Di nuovo. E' l'8 di marzo. Il via vai di maschi che comprano mimose da portare alle donne di casa, è imponente. La mimosa è un fiore effimero, come effimero è il pensiero di chi lo porta a spasso in questa giornata.
L'8 marzo di ogni anno, si celebra la Giornata Internazionale della Donna, che in Italia, però, è conosciuta e divulgata ostinatamente come Festa della donna.

Sarebbe meglio che tutti rammentassero la genesi di questa giornata che dovrebbe avere più i lineamenti della commemorazione, non della festa.

Nel 1911, il pomeriggio di sabato 25 marzo, gli ultimi tre piani di un palazzone di Washington Place, nel cuore di New York, il fuoco divampò alla Triangle Waist Company.

Non è mai stato chiarito come mai questo evento, sia stato retrodatato all'8 di marzo.
Nel solo 1911, nella sola New York, sono stati 81 gli incendi in fabbriche dello stesso tipo della Triangle Waist Company. Sembra che l'incendio sviluppatisi l'8 marzo 1908 nella fabbrica di camicie Cotton, non sia mai avvenuto, anzi la stessa fabbrica non sarebbe mai esistita, eppure a questo evento è comunemente associata la data della giornata della donna. Un incendio si è sviluppato effettivamente l'8 marzo 1908, devastando le scuole di Collingwood in cui morirono 173 bambini e due insegnanti.

L'ansia di attribuire un momento esatto alla nascita della giornata della donna, ha portato a fare confusione con le date, i luoghi e gli avvenimenti.

La Giornata Internazionale della Donna è nata nel 1909, per merito del Partito Socialista americano che, il 28 febbraio, manifestò per il diritto di voto delle donne.

Tra il novembre 1908 e il febbraio 1909, migliaia di operaie di New York diedero vita a uno sciopero che durò molte settimane: chiedevano aumento di salario e miglioramento delle condizioni di lavoro. Nel 1910, facendo seguito a questo evento, fu l’VIII Congresso dell’Internazionale socialista, a decidere di istituire una giornata dedicata alle donne.

Nel 1917, le donne di San Pietroburgo scesero in piazza per chiedere la fine della guerra; alla Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste a Mosca, le delegate scelsero l’8 marzo come data in cui istituire la Giornata Internazionale dell’Operaia.

Ecco, eventi posti in momenti diversi che sono poi confluiti in una data unica.

L'evento da ricordare resta quel 25 marzo 2011. Per quanto taroccato il collegamento storico/temporale, la catastrofe alla Triangle Waist Company resta l'episodio più adatto, nella storia delle donne, a segnare la memoria. Cinquecento le ragazze tra i 15 e i 25 anni che lavoravano alle dipendenze di Isaac Harris e Max Blanck. Pochi gli uomini e rare le colleghe più anziane, ma si contavano ragazze di 12 o 13 anni, negli ultimi tre piani del palazzo di Washington Place a New York. Sessanta ore di lavoro la settimana (gli scioperi degli anni precedenti avevano strappato un orario di 52 ore, ma la Triangle Waist Company non aveva firmato gli accordi e non applicava), straordinari sottopagati, spazi ristretti, sorveglianza opprimente.

I padroni avevano affidato tutto, in regime di subappalto interno, a un gruppo di caporali. Ognuno di questi controllava e pagava sette operaie, che dovevano lavorare a ritmi elevatissimi. Anche gli incidenti durante il lavoro avevano ritmi molto elevati. Tutele sindacali inesistenti (niente di nuovo sotto il sole se guardiamo a certi strani contratti di oggi). Per evitare che le ragazze si allontanassero, le porte erano sbarrate dall’esterno.

Di posti simili, riservati a immigrati, come gli italiani dell'epoca negli USA, raccontano le cronache dei quotidiani italiani in Italia, oggi.

Mancavano pochi minuti alla fine del massacrante turno di lavoro, ancora poco e le operaie avrebbero fatto ritorno alle loro case, a Brooklyn. Gli altri uffici del palazzo erano vuoti, gli impiegati se n'erano andati a mezzogiorno. Come si sia innescato l'incendio, non è dato sapere, ma in pochi istanti il fuoco dilagò, divorando i mucchi di stoffa sparsi sul pavimento, per l’ottavo piano espandendosi sul nono e sul decimo.

I cronisti descrissero scene infernali. Le operaie che cercarono scampo scendendo per la scala antincendio, precipitarono nel vuoto: era troppo leggera e cedette di colpo. L'ascensore, che alcune operaie riuscirono a raggiungere, portò in salvo alcune decine di ragazze, prima di cedere di schianto. Una trentina di corpi, furono trovati nella tromba dell'ascensore, spento l'incendio. Le ragazze saltavano dalle finestre, mentre la folla da sotto urlava: "Non saltare!".

Saltare o morire bruciate, quale alternativa scegliere? E cominciarono a piovere corpi.  I pompieri non potevano avvicinarsi con i mezzi perché la strada era coperta da mucchi di cadaveri. «Qualcuno pensò di tendere delle reti per raccogliere i corpi che cadevano dall’alto, ma queste furono subito strappate dalla violenza di questa macabra grandinata.» scrisse il Daily Telegraph «In pochi istanti sul pavimento caddero in piramide orrenda cadaveri di trenta o quaranta impiegate alla confezione delle bleuses». «A una finestra del nono piano vedemmo apparire un uomo e una donna. Ella baciò l’uomo che poi la lanciò nel vuoto e la seguì immediatamente». «Due bambine, due sorelle, precipitarono prese per la mano; vennero separate durante il volo ma raggiunsero il pavimento nello stesso istante, entrambe morte». Centinaia, le operaie italiane che lavoravano lì, sfruttate da quei carnefici. Centinaia, bambine e ragazze sfruttate, magari molestate da quegli aguzzini.

146 le donne morte in quell'inferno.  Finì così, incenerito, il sogno americano delle  49 vittime italiane (39 identificate, 10 ufficialmente disperse). Si celebrò un processo. Gli imputati, gli assassini furono assolti. L’assicurazione pagò loro 445 dollari per ogni morto. Il risarcimento alle famiglie fu di 75 dollari.

Chi ha ancora voglia di festeggiare, guardi i numeri diffusi dal Ministero dell'Interno in questi giorni. Sono 137 le donne uccise nell'ultimo anno, una ogni tre giorni. Aumentano i maltrattamenti in famiglia contro donne e bambine. I "maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli” sono cresciuti da 11991 a 12125 e l’81 per cento delle vittime sono donne o bambine.

C'è ancora molta strada da fare per il riconoscimento di fatto della dignità della donna e la soluzione non sta nel regalare una volta l'anno fiori che appassiscono in pochi minuti.

Ancora meno servono provvedimenti legislativi, come quelli varati proprio ieri, che lasciano "mano libera" a molestatori di professione o occasionali nei luoghi di lavoro.

Francesco Mongioì

 

Ultimo aggiornamento Domenica 08 Marzo 2015 19:31  

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